Negli ultimi anni, il servizio di consegna a domicilio ha conosciuto una crescita esponenziale. Basta un click sullo smartphone per ricevere cibo, spesa o pacchi direttamente alla porta di casa. Ma dietro la comodità e la velocità di questi servizi si cela una realtà spesso ignorata: quella dei lavoratori del delivery, i rider, che affrontano ogni giorno condizioni di lavoro precarie, sfruttamento e rischi per la propria sicurezza.
La corsa contro il tempo
Molti rider sono costretti a muoversi a ritmi frenetici per riuscire a rispettare i tempi di consegna imposti dalle piattaforme. Ogni minuto conta, e spesso le applicazioni calcolano punteggi o assegnano ordini in base alla rapidità e alla disponibilità dei lavoratori. Questo sistema incentiva una corsa continua, che mette a serio rischio la loro incolumità.
Incidenti stradali, cadute, scontri con auto e pedoni sono all’ordine del giorno. Il tutto, molto spesso, senza tutele assicurative adeguate, senza malattia pagata o diritti sindacali reali.
Il volto dello sfruttamento
Molti dei rider che vediamo per le strade sono giovani, migranti, studenti o disoccupati, attirati da un lavoro apparentemente flessibile ma che, nella realtà, si rivela altamente instabile. Spesso lavorano come partite IVA o in regime di “collaborazione occasionale”, un modo per le aziende di eludere i costi del lavoro dipendente.
I guadagni sono bassi: si va da 2 a 4 euro a consegna, senza considerare i costi di manutenzione del mezzo, carburante, o le spese legate agli imprevisti. In pratica, molti rider pagano per lavorare, e si trovano a coprire turni estenuanti pur di portare a casa una paga minima.
Un sistema da riformare
Le proteste dei rider negli ultimi anni hanno acceso i riflettori su una realtà che fino a poco tempo fa era invisibile. Alcuni tribunali italiani hanno riconosciuto la natura subordinata di questi rapporti di lavoro, imponendo alle aziende piattaforma di garantire tutele minime. Tuttavia, le riforme sono lente, e molte piattaforme trovano nuovi modi per aggirare le regole.
La responsabilità di tutti
Come consumatori, abbiamo una parte di responsabilità. Ogni volta che premiamo “Ordina ora”, è giusto chiederci: a che prezzo arriva questo servizio?. Pretendere trasparenza, sostenere aziende etiche e informarsi sulle condizioni di chi lavora dietro le quinte è un primo passo per cambiare le cose.